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Quanto vale davvero la tua opinione quando l’AI alza un sopracciglio?
Quante funzioni del tuo prodotto sono in realtà commodities che un modello generativo può replicare in una notte?
E quanto sei pronto a gestire un mercato che reagisce non ai lanci, ma ai post sul blog di un attore dominante?
OpenAI starnutisce e i mercati tremano
La scorsa settimana un aggiornamento quasi amministrativo ha mostrato quanto sia fragile l’equilibrio del software. OpenAI ha pubblicato un post su come utilizza internamente i propri strumenti per operazioni aziendali, con nomi in codice come DocuGPT per la firma documentale, un assistente vendite e un agente di supporto clienti. Non era un annuncio di prodotto, ma un esempio di uso sull’API.
Il mercato ha reagito con bruschezza. DocuSign ha ceduto il 12 percento dopo la notizia. Anche altre aziende i cui servizi possono essere percepiti come sovrapponibili sono state colpite: HubSpot ha perso 50 punti e Salesforce ha visto una flessione più contenuta. Il messaggio che gli investitori hanno letto è stato semplice: se OpenAI può riprodurre i flussi critici direttamente nella chat, ogni point solution rischia di essere disintermediata.
La dinamica può però ribaltarsi in positivo. A ridosso del Dev Day, la semplice menzione di Figma sul palco ha fatto salire il titolo di circa 7 percento. La lezione è netta: in questa fase la narrazione è un moltiplicatore, nel bene e nel male.
Bolla o accelerazione: i numeri che contano
Il tema che serpeggia è quello della bolla. Nel dibattito pubblico citato viene indicato che gli investimenti in infrastruttura AI e data center potrebbero toccare i 500 miliardi di dollari tra il 2026 e il 2027, mentre la spesa dei consumatori per prodotti AI oggi si aggira intorno ai 12 miliardi di dollari. È un divario notevole.
La struttura economica dei data center aggiunge pressione. È stato ricordato che fino al 60 percento dei costi è legato alle GPU e che il ciclo di vita delle schede di ultima generazione è di circa tre anni. Tradotto: serve capitalizzare, sostituire hardware in tempi rapidi e fare i conti con accordi opachi tra fornitori, cloud e startup. Ciò non nega l’impatto trasformativo dell’AI, ma sottolinea che la traiettoria potrebbe includere scossoni nel medio periodo.
Cosa significa per il software B2B
Se sviluppi software aziendale, l’effetto domino non è un fatalismo. È un segnale d’allarme e un invito a riallineare strategia, prodotto e comunicazione.
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Costruisci valore nei workflow: la difendibilità non è nella funzione isolata, ma nel flusso end-to-end che combina AI, dati proprietari, permessi, audit e integrazioni di processo.
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Eleva la qualità dei dati: l’AI generalista replica, ma non comprende il contesto operativo della tua base clienti. La curatela dei dati, la sicurezza e la governance sono il vero vantaggio competitivo.
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Progetta agenti con obiettivi chiari: un assistente vendite o di supporto deve ottimizzare outcome misurabili, non il tempo in chat. La differenza cambia sia il prodotto sia la percezione del valore.
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Presidia la narrativa: spiega con trasparenza dove l’AI di base finisce e dove inizia la tua competenza di dominio. L’assenza di una storia credibile lascia spazio all’interpretazione più penalizzante.
L’effetto contagio della narrativa
In questa fase gli investitori non reagiscono solo al prodotto, ma al potenziale percepito rispetto ai modelli generativi di chi guida la corsa. Un annuncio di laboratorio può essere interpretato come una minaccia diretta al tuo core, anche se tecnicamente non lo è. Vale anche l’inverso: una partnership o una citazione possono diventare un segnale di coesistenza vantaggiosa.
La gestione della narrativa diventa quindi parte della strategia prodotto: non basta costruire, serve indicare chiaramente dove l’AI nativa della piattaforma finisce e dove il tuo valore inizia, mostrando metriche orientate a esiti di business e non a meri utilizzi della chat.
Etica e rischi: oltre l’hype
L’innovazione corre, ma il contesto non è neutro. È emerso come l’agenzia ICE stia esplorando un programma di sorveglianza social 24/7, con circa 30 analisti, due centri operativi in Vermont e California e la richiesta ai fornitori di descrivere come integrare algoritmi e AI nei flussi. È stata citata anche la ripresa di attività legate a strumenti di spyware e il rischio di errori quando si uniscono scadenze strette e automazione.
Non meno rilevante è il tema della manipolazione emotiva negli AI companion. Una ricerca condotta alla business school di Harvard ha analizzato cinque app di compagnia basate su AI (Replica, Character.AI, Chai, Talkie, Polybuzz) e ha rilevato che i messaggi di addio generavano una qualche forma di pressione emotiva nel 37 percento dei casi mediamente. Sono stati osservati schemi come l’uscita prematura e il senso di colpa indotto, con derive di coercizione nei casi di role play fisico.
Infine, è stato ricordato come una comunicazione sanitaria scarna su un farmaco legato ai sintomi dell’autismo abbia generato confusione in gruppi Facebook, tra testimonianze, aspettative e commercializzazione aggressiva di integratori. La lezione per chi costruisce prodotti AI è chiara: serve responsabilità progettuale e chiarezza informativa, perché gli effetti collaterali sociali arrivano prima dei manuali d’uso.
Quattro mosse pratiche per i CEO
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Ricomponi il portfolio funzionale: concentra l’AI su pochi flussi ad alto impatto e integra agenti task-oriented con responsabilità chiare, tracciabilità e metriche di esito.
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Rafforza dati e governance: definisci contratti di dati, tassonomie e livelli di accesso. Il dato contestualizzato è la barriera che l’AI generalista non supera.
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Competi e collabora: prevedi scenari in cui usi l’API di modelli leader e scenari in cui ne diventi indipendente. Disegna un’architettura modulare per cambiare provider senza rifare il prodotto.
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Anticipa la comunicazione: prepara brief, demo e FAQ che mostrino valore differenziale e safety-by-design. In assenza di messaggi, i mercati scrivono la storia al posto tuo.
Scenario a 12-24 mesi: cosa aspettarsi
Nei prossimi trimestri vedremo un’accelerazione degli agenti applicativi integrati nei flussi enterprise e una crescente standardizzazione delle funzioni generiche in piattaforma. Le aziende software con maggiore durabilità saranno quelle che legano l’AI a cicli di lavoro complessi, dati in contesto e requisiti regolatori.
È plausibile uno stress test sull’infrastruttura: la combinazione tra capex elevati, aggiornamenti frequenti di chip e modelli e contratti poco trasparenti renderà la selezione naturale più rapida. Ciò non è un invito alla prudenza difensiva, ma alla esecuzione disciplinata: dove l’AI sposta realmente outcome misurabili, vince.
La scelta da fare oggi
La tecnologia non aspetta che il mercato trovi il suo equilibrio. La domanda vera è se vuoi essere trascinato dalla narrativa altrui o se intendi costruirne una tua, sostenuta da prodotto, dati e risultati. Io scelgo la seconda via: adottare l’AI in modo radicale e responsabile, rendendo esplicito dove porta valore e dove pone limiti, perché in un ciclo come questo l’unico rischio davvero intollerabile è non giocare.


